lunedì 31 ottobre 2016

Protestantesimo - elemento fondamentale della moderna democrazia europea

Pubblichiamo la traduzione inglese del discorso pronunciato dal Primo Ministro d'Ungheria Viktor Orbán alla seduta del Sinodo della Chiesa Riformata Ungherese in occasione del 60mo anniversario della Rivoluzione del 1956.

Prime Minister Viktor Orbán’s speech at the Memorial Synod of the Reformed Church in Hungary

14 October 2016, Budapest


mercoledì 26 ottobre 2016

INVITO - Commemorazione delle vittime e degli eroi del 1956


“…innalziamo al Signore le Nostre suppliche affinché, specialmente coloro che hanno trovato la morte in questi dolorosi frangenti, possano godere l'eterna luce e la pace nel Cielo; e desideriamo pure che tutti i cristiani uniscano anche per questa ragione le loro suppliche alle Nostre.”
(Pio XII, Datis nuperrime, 5 novembre 1956)
L’Ambasciata d’Ungheria presso la S. Sede
e il Sovrano Militare Ordine di Malta,

l’Ambasciata d’Ungheria in Italia,

la Comunità Ungherese di Roma,
 

aderendo all’iniziativa dei vescovi ungheresi,
in occasione del 60mo anniversario della Rivoluzione del 1956,

invitano la Signoria Vostra

alla cerimonia di commemorazione delle vittime della Rivoluzione

e di ringraziamento di quanti hanno soccorso l’Ungheria e suoi esuli,


venerdì 4 novembre 2016, alle ore 18:00
alla Chiesa di S. Stefano Rotondo al Celio
(Via Santo Stefano Rotondo, 7, 00184 Roma).


Durante la cerimonia verrà inaugurata la lapide al
Card. József Mindszenty,
già titolare della chiesa medesima, e presentata la mostra sulla sua vita.


Il 23 ottobre del 1956 il coraggioso popolo di Budapest dovette confrontarsi con il proprio desiderio di libertà, a fronte di un regime che perseguiva fini difformi dai valori della Nazione ungherese. E’ ancor vivo nella memoria il ricordo dei tragici eventi che provocarono, nel giro di pochi giorni, migliaia di vittime e di feriti, destando nel mondo grave turbamento.”
(Benedetto XVI, lettera al Presidente della Repubblica d’Ungheria, 7 ottobre 2006)

Rossoporpora - CHIESA E UNGHERIA 1956


Dopo un’introduzione sull’accoglienza agli esuli ungheresi in Svizzera e nella Penisola (anche con le reazioni della Chiesa italiana), diamo la parola a padre Adam Somorjai che rievoca tra l’altro la grande vicinanza di Pio XII agli insorti di Budapest. Il benedettino indica anche alcune ‘corrispondenze’ singolari nella storia della Cristianità dell’Europa orientale in rapporto a iniziative papali.  All’Accademia d’Ungheria una mostra delle foto di Mario De Biasi e un documentario di Gilberto Martinelli. Per non dimenticare…
(Il resto dell'intervista sul sito di Rossoporpora)



Zenit - Budapest 1956, quando “l’eroico popolo ungherese” difese la civiltà cristiana

Il sessantesimo della rivoluzione ungherese offre uno spunto sulle coincidenze tra quell’evento e tre vittorie militari della cristianità e un modello per le sfide odierne al secolarismo.
(Il resto dell'articolo di Federico Cenci sul sito di Zenit.)

domenica 16 ottobre 2016

Il Tour della Memoria…per i sessant’anni della Rivoluzione Ungherese del ’56


Sessant’anni fa l’Europa non era il continente che conosciamo oggi. Non c’erano frontiere comuni, non c’era un’unica area in cui si condividessero pace, benessere economico, tutela dei diritti e dello stato di diritto.

Sessant’anni fa l’Europa era divisa. I vincitori del conflitto mondiale avevano deciso per tutti. Le carte politiche erano state ridisegnate. C’era un limite a dividere due mondi, un muro fisico e ideologico a separare vite e destini. A est di quel muro vite e destini erano segnati. Un’apparente stabilità sociale nascondeva un sistema costruito unicamente sulla paura e sulla delazione. Quello stesso stato che sembrava difendere e accudire il suo popolo si era impadronito delle vite del suo popolo.

Sessant’anni fa i giovani, gli intellettuali, gli operai ungheresi decisero di riappropriarsi del loro destino. Guidarono un popolo contro il potere sovietico ben consapevoli che una simile sfida avrebbe messo a rischio le loro stesse vite. Sessant’anni fa nelle strade di Budapest si celebrò la vittoria della libertà, una vittoria che si rivelò tuttavia fragile e breve. Quasi solo un’illusione. Troppo potente l’avversario sovietico. Troppo piccola e ininfluente l’Ungheria per destare l’interesse della comunità internazionale. Quel mondo e quei suoi equilibri non dovevano cambiare. Nelle strade di Budapest la rivoluzione era vinta, le speranze dei magiari erano soffocate.

Dopo sessant’anni la memoria di quella gloriosa e tragica rivoluzione è ancora viva. Lo è in patria ma lo è anche oltre confine. Tutta la comunità ungherese sparsa nel mondo ricorda quei giorni con fervore.

Qui in Italia sono molte le iniziative volte a commemorare la rivoluzione del ’56 tra cui il “tour della memoria Roma-Capestrano”, manifestazione originale e significativa al tempo stesso. Italiani e ungheresi percorreranno insieme un itinerario all’insegna del rispetto, della fratellanza, di quei valori che lo sport ancora rappresenta.

Il tour della memoria vuole essere anche un gesto di gratitudine verso il popolo italiano e in particolare della gente di  Capestrano per la solidarietà e lo spirito di accoglienza dimostrati nel 1956 nei confronti dei rifugiati ungheresi.
 

giovedì 13 ottobre 2016

MISERICORDIA – un segno che interroga


MISERICORDIA – è il titolo dell’installazione artistica che dall’alba del 13 ottobre è collocata vicino a Castel Sant’Angelo, in fondo a Via della Conciliazione. La parola misericordia è anche il contenuto, nonché la forma dell’opera d’arte insolita e vuole essere un omaggio a Papa Francesco e alla Roma del Giubileo straordinario da Egli voluto.

L’opera riproduce le lettere capitali in formato tridimensionali la parola “misericordia”. Sulle dodici lettere, alte 3 metri e lunghe complessivamente 38 metri, sono applicate le stampe di altrettanti dipinti di artisti ungheresi e italiani che si sono interrogati sul tema della misericordia. I lati delle lettere riproducono i colori della bandiera italiana e di quella ungherese (entrambi rosso, bianco e verde). Sul retro le riflessioni degli artisti stessi sul concetto della misericordia, nonché citazioni della bolla Misericordiæ vultus di Papa Francesco aiutano ad approfondire.

"M "come Martino di Tours
La prima lettera, la “M” ricorda l’anniversario della nascita di San Martino di Tours, avvenuta 1700 anni fa a Savaria (oggi: Szombathely, in Ungheria). L’ultima, la “A” richiama, invece, il “Pastore integerrimo”, cioè il Servo di Dio Áron Márton vescovo di Transilvania, nel 120mo della nascita.

"A" come Áron Márton
MISERICORDIA è un gesto di condivisione culturale per sensibilizzare – con l’ausilio delle moderne tecnologie e la sensibilità degli artisti contemporanei coinvolti nel progetto – un pubblico potenzialmente mondiale. L’opera verrà, infatti, ripresa da due mini-telecamere Street view Live 360 montate all’interno della struttura e connesse al sito dedicato al progetto, permettendo anche a coloro che non si trovano a Roma di vedere l’installazione in diretta.

Un’altra particolarità dell’opera è la sua interattività. Sedendosi all’interno dei monumentali caratteri lo spettatore passivo dell'opera potrà farne parte materialmente, diventandone egli stesso componente integrante. Per incoraggiare la partecipazione collettiva al progetto saranno attive un profilo Facebook ed una pagine Instagram.

Patrocini e ringraziamenti
Il progetto, realizzato sotto l’alto patronato del Vice Primo Ministro di Ungheria, l’On. Zsolt Semjén e con i patrocini del Pontificio Consiglio della Cultura e delle ambasciate ungheresi in Italia e presso la Santa Sede, è stato ideato dal consigliere culturale e artistico dell’Accademia d’Ungheria, Ervin Hervé-Lóránth, anch’egli artista.

L’installazione accoglierà i pellegrini, proprio all’inizio del loro cammino verso la Porta Santa di San Pietro, durante l’ultimo intenso mese del Giubileo Straordinario della Misericordia.
 
 

 
 
 
 

martedì 11 ottobre 2016

Devozione a Maria: preziosa eredità del popolo ungherese e dell’Europa – omelia del Card. Comastri


 
S. Messa celebrata dal Card. Comastri
(foto: Klára Várhelyi)

In occasione della festa della Magna Domina Hungarorum, patrona dell’Ungheria e della omonima cappella delle Grotte Vaticane, sabato 8 ottobre 2016 il Cardinale Angelo Comastri, Vicario Generale di Sua Santità per la Città del Vaticano e Arciprete della Basilica Papale di San Pietro ha presieduto la S. Messa all’Altare della Cattedra della Basilica di San Pietro.

Hanno concelebrato Mons. Lajos Pápai, vescovo emerito di Győr e i sacerdoti ungheresi di Roma. Il Coro Santa Cecilia di Kolozsvár ha accompagnato la liturgia con la Missa tertia di György Orbán, nonché con canti mariani ungheresi. Al termine della celebrazione i partecipanti hanno reso omaggio alla Madonna nella cappella ungherese.

 
Il Coro Santa Cecilia di Kolozsvár nella Cappella Ungherese in Vaticano
(foto: Klára Várhelyi)

Pubblichiamo il testo dell’omelia del Cardinale Angelo Comastri.

 

* * *

1) Entrando nella Cappella Ungherese, che è un gioiello all'interno delle Grotte Vaticane, lo sguardo viene immediatamente attratto da una grande statua bronzea che riproduce Santo Stefano, Re di Ungheria e fondatore dello Stato ungherese.

Il Santo Re viene riprodotto in un gesto significativo, che sintetizza tutta la sua vita di credente: il Re infatti tiene in mano la corona regale, che è simbolo della nazione ungherese, e la presenta a Maria, affinché Maria la difenda, la custodisca e la protegga.

E, nello sguardo del Re Stefano si intravede la fiducia, l'umiltà e anche la certezza che Maria vorrà accogliere il suo gesto di filiale devozione.

Questo gesto del Re Stefano ha segnato profondamente la storia del caro popolo ungherese e l'ha indirizzato verso Cristo attraverso Maria.

E noi possiamo con sicurezza affermare che, nella gloriosa e spesso sofferta storia dell'Ungheria, è impressa la risposta puntuale e fedele della Madonna al gesto compiuto dal Santo Re agli albori del secondo millennio cristiano.

E, per questo, l'Ungheria è chiamata "Terra di Maria". E il legame mariano addirittura, fino al 1848, era impresso nello stesso Inno nazionale che, in realtà, era un Inno a Maria. Fatto davvero commovente e singolare.

lunedì 10 ottobre 2016

Il Comandante della Gendarmeria Vaticana insignito dell’Ordine al Merito Ungherese – discorso dell’Ambasciatore d’Ungheria


In occasione della celebrazione della Festa Nazionale ungherese, il 7 ottobre, a Palazzo Falconieri, sede dell’Accademia d’Ungheria, è stato consegnato al Comandante Domenico Giani, Ispettore Generale della Gendarmeria Vaticana, l’onorificenza dell’Ordine al Merito Ungherese.
Presenti all’evento numerosi membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede e, da parte della Segreteria di Stato l’Assessore Mons. Paolo Borgia ed il Sottosegretario per i Rapporti con gli Stati Mons. Antoine Camilleri.
Nel consegnargli l’onorificenza l’Ambasciatore d’Ungheria Eduard Habsburg-Lothringen ha rivolto al Comandante Giani le seguenti parole.

* * *

Consegna dell'Ordine al Merito Ungherese
al Comandante Domenico Giani
(Foto: Klára Várhelyi)
Uno dei momenti più gratificanti per un Ambasciatore è quando può trasmettere i ringraziamenti ufficiali da parte del proprio Paese a persone benemerite. Oggi è quindi una festa speciale anche per questo: l’Ungheria vuole dire grazie al Dottor Domenico Giani, comandante del Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano.

I gendarmi vaticani sono spesso chiamati “gli angeli custodi del papa”. E, infatti, come gli angeli vedono sempre il volto di Dio in cielo, così possiamo dire che il Comandante Giani, da vero “arcangelo custode del Papa”, è sempre accanto al Santo Padre. E lo è ormai da oltre un decennio. Grazie al suo impegno pure la nostra vita di Ambasciatori qui in Vaticano è un po’ più facile, soprattutto in occasione delle visite ufficiali di alto livello. Il Comandante Giani ha, da anni e in tanti modi, mostrato la sua amicizia per l’Ungheria e ci aiutato nel nostro lavoro con la Santa Sede. Personalmente lo vedo come esempio del cristiano impegnato che fa il suo dovere dove Dio l’ha posto.

Consegna dell'Ordine al Merito Unghereseal Comandante Domenico Giani
(Foto: Klára Várhelyi)
Mi onoro pertanto di annunciare che il Presidente della Repubblica d’Ungheria, l’Onorevole János Áder, a riconoscimento del suo impegno per lo sviluppo delle relazioni tra l’Ungheria e la Santa Sede ha conferito al Comandante Domenico Giani l’onorificenza dell’Ordine al Merito Ungherese.

Caro Comandante Giani, mentre le consegno tale segno ufficiale di gratitudine, faccio i più sentiti auguri per il Corpo della Gendarmeria che quest’anno ha compiuto i suoi – primi – duecento anni!

sabato 8 ottobre 2016

Santa Maria Patrona dell’Ungheria – il culto della Magna Domina Hungarorum


La Madonna della Cappella Ungherese
in Vaticano
Il culto della Vergine Maria in Ungheria è una devozione antichissima che risente anche di certi elementi pre-cristiani della cultura popolare. Per gli ungheresi il titolo specifico della Vergine è Beata Regina (Boldogasszony), oppure Grande Signora (Magna Domina – Nagyasszony) di cui abbiamo dati sin dall’XI secolo. La Leggenda del vescovo martire San Gerardo riferisce, infatti, che gli ungheresi per rispetto non pronunciavano mai il nome di Maria ma la chiamavano con lo stesso titolo onorifico utilizzato per la regina.

Maria come Patrona degli Ungheresi è stata originariamente venerata con la festa dell’Assunta, il 15 agosto, cui sono legate anche numerose tradizioni popolari. Santo Stefano dedicò alla Vergine Assunta la grande basilica collegiata che volle costruire nel centro del Regno, ad Alba Regale (Székeshehérvár), dove venne sepolto lui e poi i suoi successori fino alla metà del XVI secolo. I nuovi re d’Ungheria dovevano essere incoronati in questa stessa basilica. Santo Stefano morì il 15 agosto (nel 1038), festa dell’Assunta. La sua Leggenda riferisce che prima di morire consacrò il suo regno alla Madonna come regina dell’Ungheria.

venerdì 7 ottobre 2016

Via Crucis con le meditazioni del Vescovo Áron Márton


14 stazioni – 14 meditazioni - 14 opere corali

1.       Márton HORVÁTH (Tapolca, Ungheria, 1983): O Salutaris

2.      Miklós KOCSÁR (Debrecen, Ungheria, 1933): Adoramus Te

3.      Felice ANERIO (Narni, 1560 – Roma, 27 settembre 1614): Christus factus est

4.      MENEGALI (sec. XVIII): Parce Domine

5.      Dan MIZRAHI (Bucarest, Romania, 1926 – Bucarest, Romania 2010), arr. I. POTYÓ: Ave Maria

6.      Vytautas MIŠKINIS (Vilnius, Lituania 1954): Cantate Domino

7.      Ola GJEILO (Skui, Norvegia, 1978): Ubi Caritas

8.      Rihard DUBRA (Riga, Lettonia, 1964): O, Crux ave

9.      Miklós KOCSÁR (Debrecen, Ungheria, 1933): Sub tuum praesidium

10.   Michael HAYDN (Rohrau, Austria, 1737 – Salisburgo, Austria, 1806): Tristis est anima mea

11.    Wolfgang Amadeus MOZART (Salisburgo, Austria, 1756 – Vienna, Austria, 1791): Miserere mei

12.   Antonio LOTTI (Venezia, 1667 – Venezia, 1740): Crucifixus

13.   György DEÁK-BÁRDOS (Budapest, Ungheria, 1905 – Budapest, Ungheria, 1991): Eli Eli

14.   Zoltán KODÁLY (Kecskemét, Ungheria, 1882 – Budapest, Ungheria, 1967): Stabat Mater

15.   György ORBÁN (Marosvásárhely, Romania, 1947): Daemon irrepit Callidus

 

Coro Santa Cecilia di Kolozsvár (Cluj), direttore: M. István POTYÓ

* * *

PREGHIERA INTRODUTTIVA

Nostro Signore Gesù Cristo, vorremo camminare insieme a te come buoni cristiani sulla via della croce. Sentire i tuoi dolori, portare con te la croce pesante, alzarci assieme a te dopo essere caduti e morire con te per essere partecipi anche noi della tua risurrezione. Questa Via Crucis la percorreremo assieme al Vescovo Áron Márton di beata memoria con le sue riflessioni e le sue parole. Siamo il tuo popolo, Signore, il popolo del Vescovo Áron. Accetta la nostra Via crucis e da’ che in noi produca frutti buoni.

giovedì 6 ottobre 2016

Festa Magna Domina Hungarorum - messa in San Pietro


In occasione della Festa della Beatissima Vergine
Magna Domina Hungarorum,
anniversario della consacrazione della Cappella ungherese nelle Grotte Vaticane,


l’Ambasciatore d’Ungheria
presso la Santa Sede e presso il Sovrano Militare Ordine di Malta,
S.E. Eduard Habsburg-Lothringen,
anche a nome della Comunità dei fedeli ungheresi in Roma,

invita cordialmente la Signoria Vostra

 alla Santa Messa

presieduta da

S.Em. Rev.ma il Cardinale Angelo Comastri
Arciprete della Basilica Papale di San Pietro in Vaticano,

sabato, 8 ottobre 2016, alle ore 10,
all’Altare della Cattedra, nella Basilica Vaticana

Con la partecipazione del coro “Santa Cecilia”
della Parrocchia di San Michele di Kolozsvár/Cluj.

sabato 1 ottobre 2016

Responsabilità a cerchi concentrici


Intervista del premier ungherese sul dovere di aiutare, sulle responsabilità a cerchi concentrici, sul suo incontro con le famiglie dei copti decapitati dall’IS, sull’Europa e le quinte vuote del cristianesimo, sulla cultura dello scarto e la misericordia.

Pubblichiamo, nella nostra traduzione, l’intervista concessa dal Primo Ministro ungherese Viktor Orbán (di religione protestante) al portale d’informazione cattolico della Conferenza Episcopale Ungherese “Magyar Kurír” il 24 settembre 2016.

* * *

Nello scorso agosto lei ha incontrato a Roma i capi delle chiese cristiane del Medio Oriente. Perché ha ritenuto importante di partecipare all’incontro e di cosa hanno parlato i capi delle comunità cristiane?

Si è trattato di un incontro interessante ma anche commovente. Qui in Europa pensiamo che la nostra situazione sia oltremodo complicata ma se andiamo ad ascoltare un vescovo del Medio Oriente capiamo subito che i nostri problemi siano i più facili al mondo rispetto a quanto sono complesse le cose di là. Una parte dei vescovi medio-orientali è stata cacciata via, soprattutto quelli che vivevano ed operavano nella Siria. Il loro servizio pastorale adesso si concentra sulla salvezza delle persone, cercando di proteggere le loro comunità che sono sull’orlo dell’annientamento fisico. Fanno grandi sforzi anche affinché la fede cristiana possa persistere in quella parte del mondo. Ci hanno riferito di situazioni difficilissime dal punto di vista umano, morale, spirituale, politico ed economico.

Con una decisione del Governo in settembre è stato creato, presso il Ministero delle Risorse Umane, un sottosegretariato per i cristiani perseguitati. Come funzionerà tale struttura?

In politica spesso già i preparativi valgono come delle azioni e questo è il caso anche di tale decisione. Nel discorso pubblico liberale di oggi non è possibile parlare delle differenze culturali con la dovuta serietà. Se vogliamo avanzare una proposta a favore dei cristiani perseguitati ci rendiamo conto che in campo europeo ciò non sia possibile in questa forma. Si possono produrre solo dei documenti con formulazioni generali e neutre sulle persone perseguitate a causa della loro fede e religione, ma non è possibile scrivere concretamente dei cristiani. Noi abbiamo voluto farla finita con questo approccio. L’Ungheria è un paese cristiano e così noi dobbiamo aiutare in primo luogo quelli che ci sono più vicini, e questi sarebbero i cristiani. Il nostro governo è di ispirazione cristiana e da questo sorgono anche degli obblighi di governo. Anche nel passato abbiamo fornito diverse volte degli aiuti, l’ultima volta abbiamo contribuito con 120 milioni di HUF all’iniziativa della Conferenza Episcopale Ungherese che mirava alla realizzazione di una scuola a Erbíl. Anche questo è di aiuto ai cristiani perseguitati ma durante i preparativi abbiamo riscontrato grandi ostacoli. L’ufficio di sottosegretariato che adesso è stato formato potrà coordinare efficacemente questo tipo di lavori.

Durante la sua visita in Egitto, nel giugno di quest’anno, Lei ha voluto incontrare i capi della Chiesa copta e i familiari dei martiri copti decapitati in Libia dall’IS. Perché ha ritenuto importante tale incontro?

È stato particolarmente difficile parlare con delle persone che hanno attraversato un simile trauma. Da una parte li ho ringraziati per la possibilità di incontrarli. Poi volevo sapere come potevamo essergli d’aiuto. Ogni aiuto ha la sua parte ma è tutt’un altra cosa se ciò si basa su un rapporto personale. Considero importante che dietro la beneficienza ci siano dei volti e degli incontri perché questo rafforza anche l’assistenza.

Come sarebbe possibile, a suo avviso, porre termine alla guerra in Siria e alla catastrofe umanitaria? E cosa può fare l’Ungheria?

L’Ungheria non può certo ambizionare di fare più di quanto consegue dal suo peso internazionale e dalle sue forze. Deve impegnarsi per quanto invece è in grado di fare. Prendiamo parte alle missioni internazionali di pace ma non saremo noi a decidere le sorti della Siria. Sono quelle grandi potenze a poter fare di più che sono anche i responsabili della situazione che si è venuta a creare. La situazione creatasi oggi in Europa, che io chiamo una migrazione dei popoli, non si esaurisce nel tentativo dei profughi di lasciare le zone colpite dalla crisi. La migrazione dei popoli è in corso da qualche decennio e durerà ancora a lungo. Le masse che si riversano sull’Europa occidentale provengono, in gran parte, non dalla Siria ma dall’Afganistan e dal Pakistan. Quindi solo una parte di questo fenomeno è costituito dai profughi della guerra, mentre nel futuro saranno quelli che partono dalle zone interne dell’Africa a creare i problemi più grandi. Tutto ciò dimostra che i nostri problemi non termineranno neanche con la pace in Siria.

A livello della società spesso come se chiudessimo le orecchie e il cuori di fronte alle notizie di sofferenze che ogni giorno ci raggiungono. Come sarebbe possibile sensibilizzare la società?

Dei sette miliardi di persone nel mondo tre miliardi devono vivere con meno di due dollari al giorno. I benestanti, come lo siamo anche noi in Europa, possono certo avere qualche rimorso di coscienza per questo. In fondo all’anima ci disturba che noi viviamo molto meglio di altri. E questo vale anche laddove la ricchezza non è legata ad un passato colonialista. È chiaro che dobbiamo fare per loro tutto quanto ci è possibile. Ritengo che la responsabilità per gli altri sia da immaginarsi per cerchi concentrici. Ho una responsabilità primaria per le persone che mi stanno più vicine: la mia famiglia, i miei amici, la mia comunità di fede e la mia nazione. Ma ci sono dei cerchi che vanno oltre a questi e se ne ho la possibilità devo aiutarli. Ma non alla maniera dei farisei. Le grandi azioni umanitarie ad hoc non sono sufficienti, mentre non è neanche opportuno, anzi è addirittura dannoso, invitare nei nostri paesi una parte delle masse disagiate. È responsabilità dei politici promuovere con il loro operato politiche di sviluppo internazionali che migliorino le condizioni di vita anche nelle parti più povere del mondo.

L’Ungheria, adempiendo ai dettami della Legge fondamentale, continua ad accogliere dei rifugiati. La Comunità di Sant’Egidio ha promosso in Italia, ma sono in preparazione anche in altri Paesi comunitari, i cosiddetti corridoi umanitari per i profughi più bisognosi. Non pensa di aderire all’iniziativa?

Noi siamo in stretti contatti con i Paesi Visegrád, ed è con loro prima di tutto che ci coordiniamo su queste questioni. Siamo aperti ad ogni risposta che non infranga il principio per cui si deve portare gli aiuti là dove ci sono problemi invece di importare qui i problemi.

Papa Francesco ha paragonato l’Europa ad una nonna stanca, caratterizzata dall’individualismo. Lei come la vede l’Europa?

Condivido questa opinione. Mentre in Europa il cristianesimo sta attraversando un periodo di bassa, in altre parti del mondo è invece in espansione. È stato qui che il cristianesimo aveva attecchito ma il suo baricentro ormai non è in Europa. Si è, infatti, come dice il Santo Padre, formato un sistema di pensiero contrario al cristianesimo che mette al centro se stesso. Le quinte del cristianesimo ci sono ancora ma il contenuto sta per svanire. Però quanto si è esaurito una volta potrebbe in seguito riprendere ancora a scorrere – e io confido in questo.

Il Santo Padre a più riprese ha parlato della cultura dello scarto. Secondo Lei come possiamo combattere questa cultura?

Spesso è proprio ciò che caratterizza la nostra convivenza con le persone. Scartiamo facilmente anche un’amicizia, un matrimonio invece di fare un tentativo per ripararli. L’uomo europeo ritiene oggi di poter vivere una vita piena anche senza confrontarsi con il proprio Creatore, con la propria coscienza o con qualsiasi cosa che non sia immediatamente legata al suo successo. È più facile trasformare, rinnovare qualcosa, molto più difficile è, invece, metterla su basi spirituali completamente nuove. È anche per questo che il rinnovamento spirituale spesso incontra degli ostacoli.

Come vede allora il futuro dell’Ungheria?

Tutta l’Europa sta vivendo dei tempi cruciali. Si tratta di un’epoca vibrante. Molte volte ci sono state in precedenza dei punti di svolta irruenti – per esempio il cambio di regime o la riunificazione tedesca si sono svolti nell’arco di pochi mesi – ma quanto sperimentiamo oggi non è così. Viviamo dei processi più lenti, più diffcili. Tutti percepiamo come ora l’umanità stia per passare in una nuova era. Nell’economia la sfida è quella di preservare la competitività. Nel campo della preparazione professionale la questione è se una mentalità di tipo tradizionale sia rimpiazzata da una moderna, basata sulla conoscenza delle tecnologie digitali. Passando ai processi sociali: saremo in grado di invertire la decrescita demografica? Riusciremo a salvare le comunità di fede oppure sarà l’individualismo a prendere ovunque il soppravvento? C’è poi l’effetto sulle nostre vite della sperimentazione dell’intelligenza artificiale. Queste questioni si decideranno ancora durante la nostra vita. E dobbiamo certo discuterne con la gente. Per fortuna in Ungheria abbiamo una cultura politica che permette il dialogo aperto e franco su tutti i temi importanti. Purtroppo ormai non è ovunque così in Europa.

La Chiesa sta vivendo l’Anno della Misericordia. Cosa significa per Lei la misericordia?

Penso che il messaggio più importante sia quello di aprire i nostri cuori agli altri, poiché l’uomo che si chiude in se è perduto. La Chiesa cattolica può aiutare in questo e potrà, con la sua fermezza, la sua solidità – da pietra d’angolo – essere un punto di riferimento per la nostra vita anche nel futuro.

(intervista di István Kuzmányi, traduzione di Márk A. Érszegi, foto: Attila Lambert)

Mistero e diplomazia – sulle tracce di Pompeo


Il 29 settembre, si sa, è un triplice anniversario per Gneo Pompeo Magno: giorno della sua nascita e anche del suo assassinio. Ma è anche quello dell’inaugurazione, avvenuta nel 55 a.C., di una delle sue opere maggiori, il Teatro che di lui prese il nome.

 
Quest’anno l’Ambasciatore Eduard Habsburg ha voluto commemorare la storica giornata invitando un gruppo di ambasciatori amici ad una passeggiata arceologica, sui passi del "teatro invisibile" tra Campo de Fiori e Largo Torre Argentina.

Dove si trovava esattamente questo Teatro scomparso? Che ruolo aveva giocato nel conflitto tra Cesare e Pompeo? E dove si trova il punto esatto dove Cesare fu assassinato?


Guidati dall’Ambasciatore Habsburg il gruppo alla fine ha potuto incontrare Pompeo Magno in persona: proprio nel “suo” Salone, al primo piano di Palazzo Spada.

 
Una serata affascinante nel segno delle antichità romane e del mistero archeologico.